Conteggio dettagliato dell'Omer secondo Shlomo Bekhor 3
41° Giorno del Conteggio dell'Omer secondo Shlomo Bekhor
Giorno Quarantuno dell’Òmer
5 settimane e 6 giorni
YESSÒD in YESSÒD - UNIONE nel UNIONE
26 di Iyàr – venerdì sera 23 Giugno
(dopo l’uscita delle tre stelle, a Milano, ore 21,59)
41° giorno: stasera abbiamo l’opportunità di illuminare l’Unione nell’Unione.
Ogni Sefirà settimanale include sei attributi, sei sfaccettature, mentre la settima è l’attributo stesso nella sua essenza. Così l’Òmer di oggi, YESSÒD in YESSÒD, non è una faccia aggiuntiva della Sefirà, ma è l’attributo stesso senza aggiunte, la sua essenza. Stasera ci troviamo “nell’anima stessa” dell’UNIONE.
Yessòd ci permette di raggiungere quel sentimento dell’anima che ci dona la forza di unirci profondamente a una relazione famigliare, un progetto di lavoro o studio. Yessòd permette di percepire ogni situazione della vita come parte di noi.
Se cambiamo facilmente le relazioni, le passioni della vita, il lavoro… significa che il sentimento di Yessòd non è sviluppato e bisogna coltivarlo.
La sesta emozione di Yessòd è l’ultima delle “vere emozioni”, perché Malkhùt (comunicazione verbale) è come un “ponte” che proietta i nostri sentimenti verso l’esterno. Yessòd è il “sentimento finale” che ci permette di interiorizzare profondamente tutti i precedenti: passione, disciplina, compassione, determinazione e umiltà. Dopo avere coltivato i sentimenti basilari, bisogna salire di livello per poterli attuare nella vita. Per cui nel 41° giorno, l’essenza dell’Unità, maturiamo dei legami tra le persone, poiché l’uomo ha bisogno di unirsi per poter migliorare e progredire. Il sentirsi “autosufficiente” non è una condizione sana.
La frase del Talmud “gli occhi (del prossimo) sono lo specchio dell’anima” ci insegna il valore di socializzare! In una delle possibili interpretazioni di questo brano, impariamo come l’anima di ognuno di noi si “specchia”, cioè si vede, tramite gli occhi dell’altro. In questo modo possiamo riconoscere i nostri difetti e migliorarci.
I fattori che possono isolarci e bloccarci, oppure che ci fanno rompere un legame esistente, possono essere molteplici e di varia natura: vedere sempre i difetti delle persone, problemi di autostima; o, all’opposto, di eccessiva sicurezza in se stessi, tanto da sfociare in arroganza; oppure traumi passati, come un divorzio o una brutta esperienza con gli amici. Gli esempi potrebbero essere infiniti.
Nel 41° giorno dell’Òmer, possiamo riuscire a superare gli ostacoli che si frappongono tra noi e il prossimo. Soprattutto, possiamo imparare che la facoltà di socializzare di Yessòd è un attributo dell’anima che TUTTI noi abbiamo fin dalla nascita.
In particolare, Yessòd rappresenta l’unione tra marito e moglie.
Questa esigenza imprescindibile ha origine fin dall’inizio (Bereshìt) dei tempi. Quando Dio completò l’altra metà di Adàm dicendo che avrebbe fatto “un aiuto contro di lui”: solo quando esiste un’opinione contraria, alla nostra, allora si può cercare la verità e crescere.
Una storia che riguarda il Rebbe può aiutarci a capire:
Un ragazzo di nome Ariel, oramai da troppo tempo, era alla ricerca della sua anima gemella. Numerose esperienze e tentativi, tutti andati a vuoto, e il trascorrere degli anni, lo avevano portato in uno stato di depressione.
Un giorno Ariel sentii parlare dell’Igròt Kòdesh (una raccolta delle lettere del Rebbe di Lubàvitch), e dei molti miracoli collegati a esso, finché un giorno si convinse di scrivere al Rebbe. Mise la lettera in un volume e lesse la risposta: “l’offerta di sacrifici tre volte al giorno se farà così, certamente avrà da annunciare buone notizie”. Ariel domandò a un suo amico rabbino che cosa c’entrassero i sacrifici con il suo problema. Il Rav gli rispose con una domanda: “Fai sempre attenzione a recitare tutte le tue preghiere, tre volte al giorno? Poiché le preghiere sono state fissate al posto dei sacrifici”.
La sua domanda imbarazzò Ariel che, disperato, spiegò al Rav come da tempo era così depresso che non pregava più e non metteva nemmeno i Tefillìn. Comunque, il ragazzo decise di seguire le parole del Rebbe e tornò ad adempiere tutte le mitzvòt.
Dopo pochi giorni ricevette, da parte di un suo caro amico, la proposta di conoscere una ragazza. Il primo incontro avvenne pochi giorni dopo. La ragazza si chiamava Hadassa. Passati alcuni mesi i due si sposarono.
Il consiglio del Rebbe permise ad Ariel di trovare nuovamente un legame con Dio (yessòd). Questo gli diede la gioia necessaria per trovare, attraverso un suo amico (yessòd), la sua anima gemella (yessòd in yessòd). La benedizione del Rebbe gli fece riscoprire la gioia di unirsi a Dio e agli altri esseri umani.
Riflessione:
quando una relazione affettiva va male, tendo a deprimermi e isolarmi? Ho difficoltà ad avvicinare altre persone, poiché mi trovo bene solo con me stesso?
Esercizio:
abbiamo difficoltà a creare nuove relazioni e trovare l’anima gemella. Ci consoliamo dicendoci che sono gli altri che non vanno bene: troppo diversi, poco cortesi o antipatici ecc. Tuttavia, la soluzione possiamo trovarla solo se cerchiamo di conoscere meglio noi stessi, sé impariamo ad avere buoni rapporti con il nostro vero IO. In questo modo possiamo apprezzare di più il prossimo in modo da creare le condizioni adatte per formare dei solidi legami sociali (yessòd in yessòd).
42° Giorno del Conteggio dell'Omer: Malkhùt in Yessòd – Regalità e Unione Profonda
Giorno Quarantadue dell’Òmer
6 settimane
MALKHÙT in YESSÒD -– REGALITÀ nel UNIONE
27 di Iyàr – shabbàt sera 24 Maggio
(dopo l’uscita delle tre stelle, a Milano, ore 22,00)
42° giorno: stasera, concludendo la sesta settimana, abbiamo l’opportunità di terminare la “costruzione” del sesto piano del nostro “palazzo” dei sentimenti: la Regalità nell’Unione.
Yessòd - Unità permette di creare legami forti con altre persone e questo ci “costringe” a confrontarci con altri punti di vista differenti.
Malkhùt - Regalità dona la capacità di comunicare, organizzare, comandare e avere autostima. Tutte qualità che, necessariamente, si devono coniugare alla fiducia e dignità verso noi stessi e verso gli altri.
In questo 42° giorno, abbiamo la forza di rettificare la nostra Unione illuminando Malkhùt presente in Yessòd. Stasera possiamo creare un’unione profonda che nasce da un sentimento di completezza e nobiltà.
Un vero legame non può essere costruito solo con spirito di sacrificio, come se fosse un “dovere” e neanche occorre che i partner arrivino al punto di annullare le loro caratteristiche personali. Occorre, invece, creare un’unione di due metà (complementari) e non la sottomissione di una sull’altra. Un rapporto, per essere regale, deve fondarsi sulla stima reciproca e non a caso nello Zohar è scritto che ogni coniuge è la seconda metà dell’altro.
A priori, inoltre, è necessario avere una propria identità e stima di se stessi per poter trovare e costruire un legame.
Un altro aspetto del 42° giorno è la comunicazione nell’Unione. Una delle maggiori difficoltà nei rapporti personali è la mancanza di dialogo. Specificatamente il matrimonio (yessòd): il genere di legame dove è più necessario colloquiare (malkhùt).
Una bellissima storia del Rebbe può aiutarci a capire:
una ragazza americana, con problemi di autostima, non riusciva a trovare la sua anima gemella e ogni tentativo svaniva subito. Nonostante si fosse consultata con diversi psicologi il problema non si era risolto. In seguito, andò a incontrare il Rebbe che spiegò alla ragazza come in realtà lei non aveva problemi psicologici profondi e che le varie tesi degli psicologi non si addicevano al suo caso. Poi il Rebbe le diede dei “semplici” consigli: “ritrova fiducia in te stessa e porta da mangiare alle tue compagne di studio, durante i pasti; comportati a livello di azione in maniera socievole, anche se la tua natura è assai introversa”.
Nonostante la ragazza fosse dubbiosa dell’utilità di questi consigli, li mise in atto e presto si rese conto che sentimenti più socievoli iniziavano a crescere dentro di lei. Questo le diede molta sicurezza e dopo pochi mesi la ragazza trovò la sua dolce metà...
Negli anni Sessanta la psicologia sviluppa un nuovo studio che si fonda sul fatto che l’azione influisce sui sentimenti. Gli psicologi credevano che la ragazza avesse dei blocchi psichici legati a traumi passati ma, in realtà, lei era solo chiusa in se stessa e aveva bisogno di avere più autostima e comunicare con le persone che aveva attorno (malkhùt). Di solito il desiderio di socializzare parte dall’alto al basso, ovvero dal cervello, poi ai sentimenti e infine all’azione, ma in alcuni casi può funzionare al contrario. Proprio questo il Rebbe vide, ossia che per lei era più facile sviluppare il suo yessòd-socializzare con gli altri tramite l’azione.
Quando viene inserito l’ingrediente della regalità e un atteggiamento nobile (malkhùt) in un rapporto coniugale (yessòd), allora è più facile trovare e costruire delle relazioni solide e dignitose (malkhùt in yessòd).
Riflessione:
i rapporti con il prossimo sono influenzati da un mio senso di inferiorità?
Esercizio:
quando torniamo a casa la sera, anche se siamo stanchi e abbiamo qualcosa che ci preoccupa, confidiamoci con nostra moglie. Sicuramente lei saprà darci un consiglio disinteressato e giusto. Tramite il dialogo (malkhùt) e la stima che dimostriamo a nostra moglie, rafforzeremo l’unità coniugale (yessòd) che è la base di tutte le benedizioni divine.
43° Giorno
Giorno Quarantatré dell’Òmer
6 settimane e 1 giorno
KHÈSSED in MALKHÙT -– BENEVOLENZA nella REGALITÀ
28 di Iyàr – domenica sera 25 Maggio
(dopo l’uscita delle tre stelle, a Milano, ore 21,50)
43° giorno: da stasera, iniziamo l’ultima settimana durante la quale abbiamo l’opportunità di illuminare la Benevolenza nella Regalità.
Malkhùt l’ultima delle sette Sefiròt, è la sintesi delle sei precedenti. Malkhùt, nella molteplicità delle sue caratteristiche, è caratterizzata dalle qualità della comunicazione, organizzazione, comando e autostima. Tutte doti che, necessariamente, si devono coniugare alla valorizzazione della propria dignità (regalità) e di quella altrui.
Khèssed è l’attributo dell’amore che ci spinge a dare agli altri, sempre e comunque. Un sentimento appassionato che trascende ogni considerazione razionale e obbiettiva.
Da stasera, abbiamo la forza aggiuntiva di rettificare la nostra Regalità illuminando Khèssed presente in Malkhùt. Ciò significa che, tramite l’amore, possiamo migliorare le nostre capacità di leadership e di organizzazione.
Un Malkhùt non equilibrato da Khèssed è privo di vitalità ed entusiasmo. Ad esempio, chi comunica senza carisma non ottiene successo. Com’è scritto: le parole (malkhùt) che escono veramente dal cuore con sentimento caloroso (khèssed), entrano nel cuore di chi ascolta.
Una storia del Rebbe può illuminarci:
in una città del Belgio, un giovane Israeliano, lontano dai suoi genitori e dai suoi insegnanti, cercava di riempire il senso di vuoto che sentiva dentro. Il giovane non sapeva niente di ebraismo e un giorno fece la conoscenza di una ragazza non Ebrea del posto. Tre anni dopo, i due decisero di sposarsi. Poco prima del matrimonio, il ragazzo disse alla sua fidanzata che avrebbe voluto consultarsi con un rabbino.
Dopo alcuni tentativi, il giovane parlò con rav Shabtai Slavatitzky di Anversa che gli propose di andare dal Rebbe. Non molto tempo dopo, il giovane si trovò davanti al Rebbe per chiedere il suo consiglio.
Il Rebbe lo guardò amorevolmente e, con un grande sorriso, gli disse: “Ti invidio!” Prima che il giovane potesse aprire bocca, il Rebbe gli spiegò: “Quando un ebreo è posto davanti a una prova e la supera, la prova si trasforma per lui in una scala, sulla quale egli può salire per arrivare a livelli più elevati! Io non ho avuto una prova come quella che hai tu. Una prova come questa è certo difficile, ma è importante cogliere il momento per salire!” Il Rebbe disse poi: ‘Brakhà vehazlakhà’ (benedizione e successo) e il giovane si ritrovò, un attimo dopo, fuori dall’edificio.
Egli era sconcertato. Cercò di fare mente locale, su quello che aveva appena sentito e visto. Il Rebbe gli aveva dato un’impressione fortissima di amore, gli aveva inspirato un’enorme forza e coraggio e gli aveva detto quello che aveva bisogno di sentire. A quel punto il giovane decise con fermezza di lasciare la sua ragazza.
Ogni parola (malkhùt) del Rebbe salva qualcuno, poiché sono parole accompagnate da un’immensa dolcezza e da un verace sentimento d’amore (khèssed). Il Rebbe riesce a guidare la nostra generazione con affetto e carisma (khèssed in malkhùt) comunicando il valore della DIGNITÀ al suo interlocutore.
Riflessione:
quando offro un consiglio a qualcuno lo faccio con passione e calore?
Esercizio:
nel rapporto con i figli tendiamo a essere autoritari. Spesso comunichiamo con ordini impartiti con freddezza, per paura che non ci rispettino. Proviamo a mostrare anche la parte amorevole di noi (khèssed), quando esercitiamo la nostra autorità di genitore (malkhùt).
Quando trasmettiamo amore (khèssed) ai nostri figli li aiutiamo a costruire la loro autostima (malkhùt).
44° Giorno del Conteggio dell'Omer: Disciplina e Regalità (Ghevurà in Malkhùt)
Giorno Quarantaquattro dell’Òmer
6 settimane e 2 giorni
GHEVURÀ in MALKHÙT -– DISCIPLINA nella REGALITÀ
29 di Iyàr – lunedì sera 26 Giugno
(dopo l’uscita delle tre stelle, a Milano, ore 21,53)
44° giorno: questa sera abbiamo l’opportunità di illuminare la Disciplina nella Regalità.
Malkhùt - Regalità ha tre significati principali: Dignità, la consapevolezza del nostro ruolo nel mondo; Organizzazione/Comando, la capacità di esercitare la leadership in un gruppo; Comunicazione, la qualità di relazionarsi con gli altri attraverso la parola. Quest’ultima è l’essenza di un Re che non ha bisogno, per convincere gli altri, di spiegare la logica delle proprie decisioni, poiché si fa rispettare solo per la sua autorità (regalità), quindi comunica solo con la parola senza dover dare spiegazioni.
Ghevurà - Disciplina e rigore è l’attributo della forza che permette di vincere o limitare i nostri istinti e di giudicare secondo le qualità di ciascuno.
Nel quarantaquattresimo giorno abbiamo la forza aggiuntiva di rettificare la nostra Regalità illuminando Ghevurà presente in Malkhùt, ossia di disciplinare la nostra tendenza all’organizzazione e al comando. Ad esempio, l’inclinazione alla supremazia su un gruppo va proporzionata in base all’autorità che si ha e in base a quanto essa sia efficace. Malkhùt, valorizza la nostra dignità e autostima, ma questo aspetto va limitato e disciplinato, altrimenti potremmo illuderci di conoscere sempre tutto, di poter agire in ogni ambito ed essere sempre nel giusto. Ognuno deve capire i limiti della propria competenza e autorità.
Una storia può illuminarci:
Il maestro di una yeshivà voleva espellere dalla scuola uno studente che aveva violato lo Shabbàt. Parlò col responsabile della yeshivà che lo rimproverò dicendogli che non spettava a lui infliggere una così grave punizione. Pertanto, gli ricordò, come nella Torà fosse scritto che per condannare a morte una persona (nel caso specifico la morte spirituale) occorrevano due testimoni e il giudizio di un Bet Din (tribunale). Dopo questa vicenda, il responsabile della scuola licenziò il maestro, mentre lo studente continuò i suoi studi, eccellendo così tanto da diventare un importante studioso e scrittore di libri.
Se il maestro avesse espulso il ragazzo, ci sarebbero state due conseguenze negative: la prima è che il giovane avrebbe potuto finire in cattive compagnie, senza completare il suo vero scopo nella vita; la seconda è che il mondo non avrebbe potuto godere di libri così preziosi.
Il maestro in un eccesso di autorità (malkhùt) che non gli aspettava (perché non aveva la visione del capo della yeshivà) rischiava di esercitare un “giudizio troppo severo”. L’intervento del responsabile della yeshivà disciplinò (ghevurà) il giusto ordine delle competenze, bilanciando l’autorità (ghevurà in malkhùt).
Riflessione:
riesco a rispettare i limiti della mia autorità? Quando parlo, sono offensivo verso il prossimo?
Esercizio:
nell’ambito lavorativo siamo abituati a gestire tutto con molta autorità. Quando rientriamo a casa corriamo il rischio di credere che essa sia una sorta di “filiale” distaccata del lavoro. Questo atteggiamento crea continui attriti con il coniuge. Limitiamo il desiderio di comandare, per la pace famigliare (shalòm bait).
Secondo lo Zohar, alla donna spetta l’ultima parola nelle decisioni della casa, perché è lei che la governa, è lei che la vive quando il marito è fuori per portare il sostentamento.
Non a caso, il Talmud dice che Rav Yossi chiamava sua moglie la MIA CASA, poiché la donna è la base della casa (akèret habàyit).
45º Giorno del Conteggio dell'Omer: Illuminare la Compassione nella Regalità (Tifèret in Malkhùt)
Giorno Quarantacinque dell’Òmer
6 settimane e 3 giorni
TIFÈRET in MALKHÙT - COMPASSIONE nella REGALITÀ
Rosh Khòdesh Sivàn – martedì sera 27 Maggio
(dopo l’uscita delle tre stelle, a Milano, ore 21,50)
45° giorno: questa sera abbiamo l’onore di illuminare la Compassione nella Regalità.
Malkhùt dona la regalità, ossia la capacità di comandare e dirigere persone o situazioni attraverso la comunicazione. Come un re che comunica i suoi ordini SOLO attraverso la parola.
Tifèret è l’attributo della compassione e clemenza. Tutte qualità che consentono di percepire i problemi degli altri.
Questa sera abbiamo la forza aggiuntiva di rettificare la nostra Regalità, illuminando Tifèret presente in Malkhùt possiamo agire in maniera compassionevole nell’esercizio della nostra regalità.
Un buon organizzatore e comunicatore, con un Malkhùt equilibrato da Tifèret, è in grado di “sintonizzarsi” sulle qualità del prossimo, così da capire le sue doti e il modo migliore per utilizzarle. Sviluppare la compassione nella regalità significa creare un ambiente armonioso, in qualsiasi ambito, sul quale esercitiamo una certa autorità.
Un brano della Torà, commentato dal Rebbe, può aiutarci a capire meglio (Likuté Sikhòt, vol. 4, pag 1087-1088):
Devarìm è diverso dagli altri libri della Torà: nei primi quattro, Moshè agì in quanto messaggero di Dio, poiché riportò alla lettera la Sua Torà; mentre in Devarìm, chiamato la “Ripetizione della Torà”, Moshè Rabènu ripete i precetti, le leggi e le varie esperienze trascorse dagli Ebrei nei quarant’anni del loro viaggio nel deserto.
Per questo motivo, il libro di Devarìm è riportato da Moshè, dopo averlo assimilato nella propria mente, come fosse una cosa sola con la propria comprensione. Le parole del libro di Devarìm furono rivolte al popolo Ebraico immediatamente prima dell’ingresso nella Terra promessa. In quel momento, gli ebrei erano sul punto di abbandonare l’esistenza miracolosa nel deserto: il loro cibo era stato la manna; la loro bevanda l’acqua della fonte miracolosa di Miriam; la loro protezione le Nuvole della Gloria. Ora, le tribù d’Israèl stavano per entrare in un tipo di vita dove avrebbero dovuto utilizzare le risorse della terra per infondere la santità nel mondo fisico e adempiere ai precetti di Dio.
Proprio per prepararli a questa missione cruciale, Moshè Rabènu li lasciò con le parole di Devarìm, parole Divine, nelle quali c’erano le “istruzioni” da seguire per riuscire a far discendere la santità infinita della Torà nel nostro mondo finito.
Moshè, la guida e il leader di Israèl, proprio prima di essere “baciato da Dio” e di lasciare questo mondo, nel suo ultimo discorso, si preoccupò di aiutare Israèl fino all’ultimo. Non badò a se stesso e il carisma e l’autorità (malkhùt) di cui godeva non “oscurò” la sua infinita compassione (tifèret), pertanto cercò di utilizzare il proprio carisma per rendere un ultimo servizio al suo popolo (tifèret in malkhùt).
Riflessione:
quando parlo con qualcuno tendo a dire ciò di cui l’altro ha bisogno d’ascoltare?
All’interno del mio gruppo di lavoro riesco a coltivare e valorizzare le capacità di ognuno?
Esercizio:
nella famiglia siamo abituati a decidere da soli. Ci comportiamo così, perché siamo convinti di essere bravi genitori. Inoltre, la vita al giorno d’oggi è così frenetica che non lascia il tempo per troppe “chiacchiere”.
Riflettiamo come fondere le esigenze dei nostri figli (tifèret) con l’esercizio della potestà genitoriale (malkhùt), creando una regalità compassionevole (tifèret in malkhùt).
46º Giorno
Giorno Quarantasei dell'Òmer
6 settimane e 4 giorni
NETZÀKH in MALKHÙT – DETERMINAZIONE nella REGALITÀ
2 di Sivàn – mercoledì sera 28 Maggio
(dopo l’uscita delle tre stelle, a Milano, ore 21,46)
46° giorno: questa sera abbiamo la forza di rettificare la Determinazione nella Regalità.
Malkhùt è il sentimento della regalità, ossia la capacità di comandare e dirigere persone o situazioni attraverso la parola.
Nètzakh è l’attributo della perseveranza e coerenza che ci dà la forza di perpetuare e credere con continuità nei nostri ideali e combattere per essi.
Questa sera abbiamo la forza aggiuntiva di rettificare la nostra Regalità illuminando Nètzakh presente in Malkhùt. Questo ci permette di dare tenacia e continuità a tutti gli aspetti della regalità. L’autostima non deve essere condizionata dallo stato d’animo o dalla situazione economica. Se ci troviamo in una situazione famigliare o personale problematica, oggi abbiamo la forza di mantenere sempre la nostra dignità e valori grazie al raffinamento del 46° attributo.
Organizzare senza continuità significa progettare grandi idee, senza però realizzarle.
Senza la capacità di essere continuativi nella propria autostima e nelle doti comunicative non si può essere dei leaders efficaci (regalità).
La storia di Re Davìd può essere un eccellente esempio:
fin dall’inizio, la sua strada per il trono fu avvincente, dura e piena di insidie. Successivamente all’episodio del gigante Goliàt e dopo una serie di vittorie contro i filistei, la fama di Davìd crebbe sempre più. Questo gli portò l’odio del Re Shaùl (suo suocero) che iniziò a dargli la caccia per ucciderlo. Dopo una lunga e rocambolesca fuga, Davìd fu costretto a rifugiarsi nel paese dei filistei, nemici giurati di Israèl.
Dopo la morte di Re Shaùl e di suo figlio Yonatàn, Davìd salì a Hevron e lì fu unto Re di Giudea. Nel frattempo, l’altro figlio di Shaùl, Ish-Baal, era diventato re delle tribù d’Israèl. Scoppiò una guerra civile che terminò con la sconfitta di Ish-Baal.
Con la fine della dinastia di Shaùl, tutti gli anziani di Israèl si recarono a Hevron e Davìd, all’età di 37 anni, fu unto Re d’Israèl e di Giudea. Sconfisse gli Yevusei e conquistò Gerusalemme, dove iniziò la costruzione del Santuario. Davìd ottenne fama eterna quando compose l'opera dei Salmi di Davide.
Davìd, regnerà quarant’anni su Israèl. Tale fu la sua grandezza che i profeti ci hanno promesso che il Mashìakh sarà un discendente di Davìd, Re d’Israele.
Tutto questo però lo si deve al fatto che, nonostante le mille difficoltà e insidie, Re Davìd non si arrese mai (nètzakh) e continuò a esercitare pienamente la sua regalità e leadership (malkhùt). Ancora oggi, la sua figura gode di gloria e fama eterna (nètzakh in malkhùt).
Riflessione:
sono capace di essere un leader anche di fronte alle difficoltà?
Esercizio:
nel lavoro i colleghi sono spesso critici e noi rischiamo di perdere la nostra autostima. Risvegliamo il 46° attributo della Tenacia nella Regalità (nètzakh in malkhùt) che ci permette di perpetuare (nètzakh) la nostra dignità e carisma (malkhùt), anche di fronte agli ostacoli.
47° Giorno dell’Òmer: Hod in Malkhùt – Umiltà e Regalità nella Leadership Spirituale
Giorno Quarantasette dell’Òmer
6 settimane e 5 giorni
HOD in MALKHÙT - UMILTÀ nella REGALITÀ
3 di Sivàn – giovedì sera 29 Maggio
(dopo l’uscita delle tre stelle, a Milano ore 21,37)
47° giorno: questa sera abbiamo l’occasione, il merito e la carica da Hashèm di illuminare l’Umiltà nella Regalità.
Malkhùt è il sentimento della regalità, ossia la capacità di avere autostima e quindi di poter dirigere persone o situazioni.
Hod è principalmente l’attributo dell’umiltà che dona alla persona la forza di mettere da parte il proprio Io, assoggettandosi a un fine superiore.
Questa sera abbiamo la forza aggiuntiva di rettificare la nostra Regalità illuminando Hod presente in Malkhùt, ossia di riuscire a rimanere umili nell’esercizio della nostra sovranità (regalità). L’umiltà è un requisito fondamentale, per equilibrare il sentimento di Malkhùt che può facilmente trascendere e sfociare nell’arroganza. Pertanto, si rischia che la regalità, le doti di organizzazione e comunicazione, causino una tendenza alla supremazia: chi ha TROPPA AUTOSTIMA rischia di non ascoltare i consigli saggi.
Nel 47° giorno, grazie a Hod, riceviamo la forza di acquisire la consapevolezza, che la nostra nobiltà è solo una Sefirà dell’anima e un dono da Hashèm, non un sentimento di superiorità.
Una storia chassidica può aiutarci a capire meglio:
il Baal Shem Tov (Besht - fondatore della chassidùt) a 17 anni, quando nessuno ancora lo conosceva, era solito girare per i villaggi dove cercava la gente povera e semplice, che tanto amava, per interessarsi dei loro problemi e rafforzare la loro fede. Un giorno, in un villaggio, il Besht rimase sorpreso nel notare come i campi fossero vuoti e persino le strade erano deserte. Una città fantasma!
Allora si diresse alla sinagoga e vide che tutti i paesani erano lì raccolti. Il Besht scorse sul podio un oratore che, pieno di disprezzo, parlava al pubblico dicendo come i LORO peccati e la loro ignoranza erano la causa della grave siccità che aveva colpito il paese. Gli abitanti ascoltavano spaventati, tristi e pieni di vergogna. Il Besht, vedendo tutto ciò, interruppe l’oratore dicendo “Cari Ebrei, sappiate che Dio vi ama. Tristezza e pessimismo sono solo un trabocchetto per far cadere l’Ebreo nel peccato. Chiedete quindi a Dio di mandare la pioggia, ma fatelo con gioia…!”.
L’oratore, nella sua superbia e arroganza, non abituato a essere interrotto, era rimasto senza parole. Tutta la popolazione, in quel frangente, aveva ritrovato la speranza. Allora, il Besht propose di uscire tutti insieme a pregare con una gioiosa danza a “Chi fa soffiare il vento e manda la pioggia”. Mentre tutti ballavano allegramente in cerchio e con rinnovata fiducia in Dio, si accorsero a un tratto che ciò che li bagnava non era più solo il loro sudore…! E dopo qualche istante le poche gocce si trasformarono in una pioggia scrosciante!
La “grande guida” (malkhùt) si comportò con disprezzo imputando la colpa SOLO sulla comunità. Invece il Besht che serviva Hashèm con annullamento di sé (hod), vide la purezza dentro i “cuori” dei poveri paesani e riuscì a governare la situazione con umile fiducia in Hashèm e con grande carisma e leadership (hod in malkhùt).
Riflessione:
la mia nobiltà (dignità) mi rende arrogante o comprendo che si può essere un leader senza prepotenza?
Esercizio:
dirigendo un gruppo, si corre il rischio di essere concentrati solo su se stessi e sulle proprie qualità. Tuttavia, occorre avere l’umiltà di comprendere che si può imparare da ogni persona.
Cerchiamo di essere umili (hod) nella guida di un gruppo (malkhùt). Solo così possiamo apprezzare le qualità di tutti. Come è scritto nel Salmo 119: “ho imparato da tutti…” e nello stesso tempo riuscire a essere consapevoli delle nostre capacità (hod in malkhùt).
48° Giorno
Giorno Quarantotto dell’Òmer
6 settimane e 6 giorni
YESSÒD di MALKHÙT – UNIONE nella REGALITÀ
4 di Sivàn – venerdì sera 30 Giugno
(dopo l’uscita delle tre stelle, a Milano, ore 21,58)
48° giorno: questa sera abbiamo la mitzvà e la forza di rettificare il penultimo attributo del nostro Rùakh - Spirito (l’anima che si rivela nel cuore), l’aspetto dell’Unione nella Regalità.
Malkhùt consente di interagire con il prossimo in tre importanti aspetti: autostima (regalità), leadership e comunicazione.
Yessòd è l’attributo che permette di creare dei legami profondi.
Nel quarantottesimo giorno, abbiamo la forza aggiuntiva di rettificare la nostra Regalità illuminando il nostro Yessòd presente in Malkhùt, ossia di riuscire a regnare con vicinanza. Un vero re, pur essendo distaccato dai sudditi (per via del suo ruolo), ha in sé l’essenza stessa di tutto il suo popolo. Ogni persona a lui subordinata è parte di lui: non sono entità separate, ma due parti complementari. L’attributo del Legame nella Regalità rappresenta la base fondante della Regalità stessa.
Nell’approssimarsi della festa di Shavuòt un episodio della Torà può aiutarci a “illuminare” l’Òmer di questa sera:
Il giorno di Shavuòt festeggiamo il Dono della Torà Sul Monte Sinai, quando Dio si rivelò agli occhi di tutto il popolo e proclamò Lui stesso i Comandamenti, senza intermediari. Questo però è teoricamente impossibile, poiché Dio trascende i limiti del corpo umano.
Ogni comandamento pronunciato direttamente da Hashèm, provocava la fuoriuscita delle anime di Israèl. In seguito a ciò, il popolo chiese a Moshè di fare da intermediario, per non morire e resuscitare a ogni comandamento.
Tuttavia, era necessario che Hashèm pronunciasse almeno i primi 2 comandamenti. Unificare entità così apparentemente diverse, spirito e materia, uomo e Dio, fu possibile solo grazie al rivelarsi del Re dei Re, in maniera diretta.
Hashèm, volendo manifestare la Sua regalità (malkhùt), si abbassò per unirsi al popolo ebraico (yessòd). In questo modo, rivelò tutta la Sua Maestà per “parlare” Lui stesso al popolo, senza intermediari. Solo così è stato possibile costituire un legame indissolubile tra il Re e il suo popolo (yessòd in malkhùt).
Riflessione:
l’esercizio della leadership (regalità) mi impedisce di legarmi con gli altri? Tendo a isolarmi quando esercito un’autorità in un dato ambito?
Esercizio:
per avere una leadership coinvolgente nell’ambito famigliare, cerchiamo prima di rafforzare il legame con i famigliari (yessòd) e solo dopo interveniamo nelle vicende (malkhùt). In questo modo, le nostre qualità di leadership e comunicazione (malkhùt) saranno funzionali all’unione famigliare (yessòd in malkhùt).
***
49° Giorno
Giorno Quarantanove dell’Òmer
7 settimane
MALKHÙT di MALKHÙT – REGALITÀ nella REGALITÀ
5 di Sivàn – shabbàt sera 31 Maggio
(dopo l’uscita delle tre stelle, a Milano ore 21,59)
49° giorno: questa sera abbiamo la mitzvà da Hashèm, ovvero la forza, di illuminare l’ultima Sefirà del conteggio dell’Òmer, l’ultimo attributo del nostro cuore.
Ogni Sefirà include i sette attributi: sei sono sfaccettature, più un’altra che è l’attributo stesso nella sua essenza. Quindi il 49° giorno non è una faccia aggiuntiva di MALKHÙT, ma è l’attributo stesso nella sua essenza. Oggi, ci troviamo “nell’anima” della REGALITÀ e NOBILTÀ, il nucleo centrale dell’autostima che ci permette di essere un leader e non un follower “una pecora”.
Malkhùt di Malkhùt significa organizzare, gestire, coordinare, dirigere, governare e comunicare con dignità. Ognuno di noi possiede nella sua anima queste qualità da far risplendere.
Se avessimo poca autostima, questo è il giorno ideale per colmare tale mancanza.
Oggi, valutiamo se la nostra nobiltà è radicata nella nostra anima, se la fiducia in noi stessi è ben strutturata, oppure è una maschera che occulta le nostre debolezze.
Un paragone calzante è quello di un ragazzo che, per nascondere la propria insicurezza o un trauma passato verso il genere femminile, esce continuamente con tante ragazze. Purtroppo, questa persona non troverà mai la sua anima gemella, perché utilizza questo atteggiamento come un paravento, per nascondere la sua debolezza e non sentirsi inferiore, piuttosto che cercare la sua “dolce metà”.
Dopo che abbiamo coltivato i primi sei sentimenti: amore e passione (khèssed), disciplina e regole (ghevurà), clemenza e compassione (tifèret), tenacia e determinazione (nètzakh), umiltà e gratitudine (hod), unità e legami profondi (yessòd), ci rimane il tocco conclusivo di Malkhùt, perché senza autostima e fiducia in noi stessi tutti gli altri attributi rischiano di scomparire. Una persona, può avere tutte le qualità delle sei Sefiròt, ma se manca di dignità e nobiltà, per la sua esistenza in questo mondo, rischia di finire come un clochard, come un’ombra che passa senza lasciare niente.
Questo esempio estremo, ci fa comprendere le devastanti conseguenze di una carenza di Malkhùt. Questa sefirà, a differenza di tutte le altre, non ha un contenuto proprio (amore o umiltà ad es.) che si manifesta in sentimenti o tendenze particolari: essere più o meno socievoli, disciplinati, severi ecc...
Invece le doti di Malkhùt (regalità, comunicazione, organizzazione), sono degli strumenti per agire bene e con efficacia in questo mondo: saper diffondere un’idea, gestire la propria disciplina o matrimonio…
Non a caso questa sefirà è paragonata alla luna che riflette la luce del sole.
Acquisire consapevolezza di SÉ, del proprio valore e del proprio ruolo è la FASE FINALE del processo di rettificazione personale di tutto il conteggio dell’Òmer. Senza una dignità positivamente definita non possiamo fare o costruire niente, è come avere un kit di un mobile componibile Ikea lasciato nella scatola. Quando si considera una cosa come SUPERFLUA, VIENE BUTTATA VIA. Così possiamo essere pieni di grandi sentimenti e qualità, ma se sorge un problema che nega o mette in dubbio la nostra nobiltà allora, Dio non voglia, iniziamo a bere troppo, o deprimerci, vestirci o mangiare male. Insomma, iniziamo a negare noi stessi, fino a buttare tutto ciò che di buono abbiamo, casa, famiglia, lavoro, amici… come un clochard.
Usiamo la carica che ci conferisce il 49° giorno, per bloccare ogni piccola caduta dentro di noi, prima che divenga una valanga.
Per giungere a questo sentimento di nobiltà e dignità, in maniera concreta, dobbiamo riflettere sul perché Dio ha creato un mondo che NON POTEVA ESISTERE SENZA LA MIA PRESENZA. Meditando sul valore aggiunto che ogni persona ha in questo mondo, potremo diventare un positivo “ago della bilancia” per tutto il creato.
Come dice il Ràmbam: per ogni azione abbiamo il dovere di immaginare il mondo come fosse una bilancia in cui le nostre azioni, parole o pensieri (se conformi alla volontà di Hashèm), possono farla pendere dal lato positivo.
Spesso l’autostima (nobiltà) è condizionata dal passato: ad esempio da traumi subiti. Questo può ostacolare la creazione di nuove relazioni (matrimonio, amicizie, lavoro…).
I segni prodotti da eventi negativi e traumatici rischiano di diventare indelebili e compromettere la buona riuscita di ogni relazione sociale. Invece, i ricordi di esperienze negative devono essere elaborati e trasformati in punti di forza, al fine di rafforzare la nostra autostima: la SOVRANITÀ che c’è in OGNUNO di NOI!
Questa sera abbiamo la forza di eliminare tali blocchi interiori, staccandoci dal passato tramite la valorizzazione della nostra nobiltà.
Una storia del Talmud può aiutarci a illuminare il sentimento di questa sera:
Salomone, era il Re che più di tutti accrebbe la sua gloria. Il più sapiente e ricco che ha avuto il privilegio di erigere il primo Tempio, la dimora di Dio in questa terra. La sua autostima era quasi ineguagliabile, addirittura credeva di riuscire a comandare angeli e demoni. Durante la ricerca del mitico Shamir (verme che tagliava la pietra), il Re Salomone riuscì a imprigionare uno dei demoni più importanti: Ashmedai (Asmodeo).
Un giorno, il Re gli chiese quale fosse la superiorità dei demoni sugli umani. Asmodeo, in risposta, gli chiese di prendere la sua catena e il suo anello e Salomone fu scagliato lontano dal palazzo reale. L’inganno riuscì, e il demone governò al posto di Salomone.
Dove andava nessuno lo riconosceva come Re, ormai era diventato un comune cittadino e per di più aveva subito l’umiliazione di essere stato raggirato: lui il più sapiente tra i sapienti. Nonostante tutto, Salomone non si diede per vinto, continuò ad avere stima in se stesso (malkhùt), superò la ferita alla sua dignità (malkhùt) e alla fine, con tanta fatica, riuscì a riottenere il trono e scacciare il demone.
Il Re era tornato alla sua grande gloria, dopo una sofferta odissea, grazie al fatto che ha mantenuto alta la sua REGALITÀ, grazie alla fiducia nelle proprie qualità (malkhùt in malkhùt).
Riflessione:
riesco a trovare, nel mio passato, la causa che mi rende insicuro? Al primo affronto o umiliazione mi deprimo?
Esercizio:
Nel lavoro ci sentiamo come dei “piccoli re”, poiché siamo bravissimi a gestire i clienti e colleghi. Inaspettatamente, la ditta chiude e ci ritroviamo senza lavoro e tanti problemi. Non abbattiamoci: recuperiamo la fiducia in noi e continuiamo con dignità a cercare un “nuovo regno” dove esercitare la nostra sovranità (malkhùt in malkhùt). Come dice il proverbio:
QUANDO SI CHIUDE UNA PORTA SI APRE UN PORTONE!